Coltivazione marijuana

Cannabis light contro il mercato illegale

La legge che ha consentito la vendita della cannabis light è stata  emanata nel 2016 ed è in vigore dal gennaio 2018. La legge 242/2016 ha legalizzato la produzione, la trasformazione e la vendita della cannabis sativa, con livelli di THC compresi dapprima tra lo 0,2% e lo 0,6%. Contenendo una bassissima percentuale di THC come principio attivo, questo tipo di marijuana è del tutto priva di effetti stupefacenti; al contrario, la presenza massiccia del CBD rende il prodotto molto rilassante, utile per lasciar andare lo stress dopo una giornata intensa e a conciliare il sonno. 

È andato tutto bene per circa un anno. Poi sono arrivati Matteo Salvini e la sua dichiarazione di guerra alla marijuana light. I proclami del politico hanno puntato ancora più riflettori sulla questione già controversa, e il 30 maggio è cambiato qualcosa. La Corte di Cassazione, nelle sue sezioni unite doveva pronunciarsi per trovare un punto d’incontro tra due provvedimenti, uno emesso dalla Quarta sezione penale, l'altro dalla Sesta, che davano pareri opposti sul commercio della cannabis.

In sostanza la sentenza ha vietato la vendita di oli, resina, infiorescenze e foglie di marijuana sativa, perché la norma sulla coltivazione non li prevede tra i derivati commercializzabili. Chi li vende quindi lo fa illegalmente, a meno che questi prodotti siano in concreto “privi di efficacia drogante”. 

 

Cannabis light: cosa stava cambiando? 

Nella relazione annuale del 2015, la DNA - Direzione Nazionale Antimafia – affermava che la cancellazione del reato di produzione e vendita di droghe leggere – che rappresenta più della metà del mercato degli stupefacenti – avrebbe potuto generare un risparmio di quasi 800 milioni di euro, in seguito alle minori spese tra magistratura, istituti di detenzione, ordine pubblico e sicurezza. Si tratta di un'enorme quantità di denaro (milioni di euro all’anno), che potrebbe essere utilizzata nel contrasto delle droghe pesanti, come cocaina, eroina e droghe sintetiche. 

C'è un altro dato molto importante, ed è una stima del “fatturato” del mercato nero della cannabis: secondo la Direzione Nazionale Antimafia ammonta a circa 30 miliardi di euro l’anno, pari a circa il 2% del Pil nazionale. Più della metà di questo importo è legata alla vendita della sola marijuana e dei suoi derivati. 

Oltretutto, la vendita di cannabis legale (all’interno di un negozio specializzato), renderebbe più certa la qualità dei prodotti e le fasi della loro produzione. In Italia, ogni anno, circa 5 milioni di persone fanno uso di hashish o marijuana e la acquistano sul mercato nero. In uno studio del 2016 l’università di Berna ha analizzato 191 campioni di marijuana sequestrati dalle forze dell’ordine sul territorio svizzero. La scoperta è stata preoccupante: il 91% di questi prodotti è “tagliato” con sostanze di vario tipo, allo scopo aumentare il peso dell’erba ed avere più profitti, ma anche per aumentare l’effetto psicotropo o per rendere più belli i fiori.

Nei campioni sono stati trovati ammoniaca, lacca, lana di vetro, piombo, alluminio, ferro, cromo e cobalto. Ovviamente fumare questi prodotti può causare gravi danni al consumatore inconsapevole; questi danni sarebbero evitabili se la cannabis fosse legale e lo stato vigilasse sulla sua produzione e ne controllasse la vendita.


Cannabis light e mercato illegale 

Sulla carta, la cannabis light in vendita in Italia può essere usata solo per scopi “tecnici” o “collezionistici”. Di fatto, la maggior parte di coloro che la acquistano, lo fanno per fumarla. La cannabis light è acquistata perlopiù da persone adulte, principalmente nella fascia 35-50, soprattutto perché offre il vantaggio di evitare sgraditi effetti stupefacenti e di non doversi rivolgere al mercato illegale. 

E qui sorge una domanda. Quanto è grande il giro d’affari della cannabis light? E a quanto ammonta il danno fatto alla criminalità organizzata? Tre ricercatori italiani hanno provato a rispondere a queste domande, portando a termine il primo studio sul tema. 


La ricerca

I ricercatori Vincenzo Carrieri e Francesco Principe, della facoltà di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università di Salerno, e il collega Leonardo Madio, dell’Università di New York, hanno incrociato i dati forniti dalla polizia sui sequestri di cannabis illegale con quelli che illustravano la presenza di grow shop. I dati sono stati ponderati sulla base di fattori che possono influire sulla quantità di droga sequestrata: presenza di porti, dove avvengono i sequestri più ingenti, e condizioni ambientali che favoriscono la coltivazione di cannabis e quindi l’approvvigionamento, a partire dalla presenza di corsi d’acqua. 

“L’Italia è un caso di studio interessante per via della presenza di una forte criminalità organizzata” che trae la maggior parte dei suoi guadagni dalla vendita di stupefacenti, sottolinea lo studio. Marijuana e hashish contano per il 91,4% del totale delle sostanze smerciate sul mercato illegale, per un giro d’affari pari a 3,5 miliardi. Ancor più interessante, aggiungono i ricercatori, è che la cannabis light è un “sostituto imperfetto” della cannabis psicoattiva ma è comunque riuscita a diminuire il giro dello spaccio in un Paese che ha tra i consumi più elevati d’Europa.

I ricercatori sottolineano però che il dato reale potrebbe essere molto più significativo, dal momento che la marijuana sequestrata rappresenta solo una parte minoritaria di quella disponibile sul mercato e che la cannabis light è un “sostituto piuttosto imperfetto della marijuana disponibile sul mercato illegale”, avendo una percentuale di Thc minima.

Le stime indicano che anche una forma lieve di liberalizzazione può soddisfare lo scopo di ridurre la quantità di marijuana spacciata e i relativi ricavi delle organizzazioni criminali. Esiste quindi un inatteso “effetto di sostituzione” nella domanda tra cannabis light e cannabis da strada, il cui contenuto di Thc è aumentato negli ultimi anni, con una media del 10,8% e picchi del 22%. 

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